Donne della scuola Pitagorica

 

Donne della scuola Pitagorica

Data la comune convinzione, secondo la quale il mondo Greco-Romano era irrimediabilmente 'maschilista' e in esso la donna era un essere considerato inferiore, e quindi oppressa e 'chiusa nel gineceo', susciterà certamente una certa meraviglia la notizia che nell'antichità vissero e prosperarono molte donne che praticarono la Filosofia ai più alti livelli. Ebbene, le cose stanno proprio così: trovare una donna in una delle antiche scuole filosofiche non era affatto un'eccezione, anzi, e molte di loro divennero addirittura scolarche- questo avvenne continuamente, per tutta la durata del mondo antico e fino al trionfo della superstizione galilea. Un altro pregiudizio da sfatare è l'idea che tutte le donne che praticarono la filosofia fossero etere: non è affatto così, una percentuale molto bassa può essere inclusa fra le cortigiane, ma questo accadeva soprattutto perchè erano straniere e quindi non potevano sposarsi legalmente; tutte le altre sono o vergini o spose.

Già per farci un'idea appropriata della situazione, Diogene Laerzio ci narra che, secondo Aristosseno, Pitagora trasse la maggior parte delle sue dottrine etiche dagli insegnamenti di una sacerdotessa di Delfi, Themistoclea (citata da Suda come 'Theoclea', e da Porfirio come Aristoclea). Inoltre, alla sua morte, Pitagora affidò la cura dei suoi scritti a sua figlia Damo.
Giamblico, nella sua 'Vita di Pitagora', menziona i nomi di diciassette delle più illustri pitagoriche, ma sappiamo che Filocoro di Atene riempì un intero volume, parlando delle discepole di Pitagora. Ecco i nomi che ci fornisce Giamblico: "Timycha, moglie di Myllias di Crotone; Philtis figlia di Teofrio di Crotone; Byndacis, sorella di Ocellus e Occillus, Lucani. Chilonis, figlia di Chilone lo Spartano. Cratesiclea la Spartana, sposa di Cleanore lo Spartano. Theano, la sposa di Brontino da Metaponto. Myia, la sposa di Milone di Crotone. Lasthenia dell'Arcadia. Abrotelia, figlia di Abrotele di Taranto. Echecratia di Fliunte. Tyrsenis da Sibari. Pisirrhonde da Taranto. Nisleadysa da Sparta. Bryo l'Argiva. Babelyma l'Argiva. E Cleachma, la sorella di Autocharidas lo Spartano."

Diogene Laerzio menziona Theano come una delle più eminenti pitagoriche; c'è un acceso dibattito sulla questione se ella fosse realmente la sposa di Pitagora o una sua discepola, sposa di Brotino di Metaponto. Giamblico menziona due donne che hanno questo stesso nome e questa è, con ogni probabilità, la spiegazione più plausibile: sempre Diogene afferma che Theano era la sposa di Pitagora e figlia di Brotino di Crotone, un aristocratico seguace dell'Orfismo (anche Suda concorda con questa versione, mentre Porfirio afferma che era nata a Creta da Pythanax). Ad ogni modo, la maggior parte delle fonti la considera sposa di Pitagora (schol. ap Athen. 13. 599a; schol in Plato R. 600b; Suda s.v. ). Si sa che ebbe tre figlie, Myia, Damo e Arignote (tutte filosofe), e due figli, Telauges e Mnesarchus: probabilmente fu lei a guidare la scuola con i suoi figli, dopo la morte di Pitagora (anche se Giamblico afferma che si risposò con Aristeo, che divenne la guida della scuola dopo Pitagora).

Plutarco, nei 'Coniugalia Praecepta', la elogia in una lettera indirizzata ad una sposa novella, Euridice, in cui la esorta a non abbellirsi con perle e seta, ma ad adornarsi con gli ornamenti di Theano e delle altre donne dell'antichità, rinomate per la loro sapienza e conoscenza. Diogene Laerzio le attribuisce un frammento: "raccontano una storia su di lei, che una volta le domandarono quanto a lungo una donna deve stare lontana dal marito per essere pura, e che lei disse che nel momento in cui (la donna) ha appena lasciato lo sposo, ella è pura; ma non è mai pura se lascia qualcun'altro. Ed ella raccomandava ad una donna che si stava recando dallo sposo, di mettere da parte la sua modestia insieme ai suoi abiti, e che quando l'avesse lasciato, la indossasse nuovamente insieme ai vestiti; e quando le chiese: quali abiti? ella rispose: quelli che fanno sì che tu sia chiamata donna." Un frammento molto simile è riportato da Giamblico: "è legittimo per una donna sacrificare nel giorno stesso in cui si è alzata dall'abbraccio del suo sposo." Perchè poi, come afferma lei stessa, l'unico dovere di una donna sposata è "compiacere il proprio sposo."

Bellissimo un frammento preservato da Plutarco, sulla virtù femminile e non solo: "Theano, avvolgendosi nel suo manto, lasciò scoperto un braccio. Qualcuno esclamò "un braccio amabile". "Non per il pubblico" disse lei "non solo un braccio di una donna virtuosa, ma anche il suo parlare, non devono essere per il pubblico, e dev'essere modesta e curarsi di non dire nulla che possa essere ascoltato dagli estranei, poichè così espone se stessa; poichè nei suoi discorsi possono essere intesi i suoi sentimenti, il carattere e la disposizione." E anche, sull'importanza della Sophrosyne: "è meglio fare affidamento su di un cavallo senza morso che su di una donna non riflessiva."

Molte opere di Theano sono citate dagli antichi scrittori: Clemente d'Alessandria menziona la sua poesia e Suda dice che lasciò commentari filosofici, sentenze e poemi epici. Stobeo le attribuisce un libro sulla Pietà e anche numerosi apophthegmata sono attribuiti a lei. Il più lungo frammento attribuitole dagli antichi proviene con ogni probabilità dalla sua opera sulla pietà: in esso, Theano disputa l'idea pitagorica secondo cui ogni cosa nacque o ebbe origine dal Numero; ella sostiene piuttosto che i Pitagorici affermano che ogni cosa è stata formata in accordo con il Numero, dal momento che nel Numero risiede l'ordine essenziale di tutte le cose. Ecco il frammento: "Ho saputo che molti fra i Greci credono che Pitagora dica che tutte le cose sono generate dal numero. La frase stessa pone una difficoltà: come possono cose che non esistono essere concepite per generare? Ma egli non ha detto che tutte le cose vengono dal numero, piuttosto, in accordo con il numero- sulla base del fatto che l'ordine in senso primario è nel numero ed è attraverso la partecipazione all'ordine che un primo e un secondo, e il resto in modo sequenziale, sono assegnati alle cose che sono contate."

Bellissimi sono i suoi frammenti a carattere morale, ad esempio: "se l'anima non fosse immortale, la vita sarebbe davvero una festa per i malvagi che muoiono dopo aver vissuto una vita corrotta."

Sono rimaste anche otto lettere della sposa di Pitagora: ad esempio, nella lettera ad Eubula, discorre a proposito dell'educazione dei bambini, rimproverandola di essere stata troppo indulgente con i suoi figli facendo loro un danno; al contrario, Theano la consiglia di non lasciare che indulgano troppo nei piaceri e di abituarli ai dolori e alle difficoltà. La lettera a Nicostrata è molto toccante: la donna era gelosa perchè lo sposo aveva un'amante; Theano la consiglia di non cercare di punire il marito ma di cercare di assecondarlo anche in questo, pensando che egli si recava dall'amante solo per soddisfare desideri fisici, mentre lei era la donna della sua vita cui lo sposo avrebbe fatto ritorno se si fosse dimostrata paziente. In definitiva, un saggio consiglio: "se egli soffre nella sua reputazione, gli altri faranno soffrire anche te; se agisce contro il suo interesse, il tuo, essendo unito al suo, non potrà uscirne illeso: da tutto questo dovresti imparare questa lezione, che punendo lui punisci anche te stessa." Nella lettera a Callisto, Theano le consiglia di essere più gentile nel trattare i servitori perchè sono esseri umani; maltrattarli vuol dire renderli nemici e sleali nei confronti dei padroni, mentre Callisto li dovrebbe disciplinare: "agisci in modo tale che tu imiti quegli strumenti che si deteriorano quando non sono usati e che si spezzano quando sono usati troppo spesso."
Alcune sono ritenute spurie, ma ne cito una che dà un quadro veramente vivace di una donna dell'epoca: "Theano a Rhodope il filosofo: sei scoraggiato? Anch'io lo sono. Sei dispiaciuto perchè non ti ho ancora inviato il libro di Platone, quello intitolato "Idee di Parmenide"? Ma io stessa sono addolorata in modo enorme, perchè nessuno mi è ancora venuto a trovare per discutere di Kleon. Non ti manderò il libro finchè qualcuno non verrà a chiarire le questioni riguardanti quest'uomo. Così tanto amo l'anima dell'uomo- perchè è l'anima di un filosofo, di uno zelante nel fare del bene, di uno che teme gli Dei sotterranei? E non penso che la storia sia diversa da come è stata narrata. Perchè sono comunque per metà mortale e non posso guardare direttamente la stella che rende il giorno manifesto."

La figlia di Pitagora, Myia, era rinomata per il suo sapere e per la sua eleganza; addirittura la sua casa era così splendida che la via in cui si trovava venne rinominata 'il Museo'. Era a capo delle fanciulle da vergine, e guida delle donne sposate dopo il matrimonio; Giamblico cita una filosofa pitagorica di nome Myia, sposa di Milone di Crotone, un atleta che riportò ben cinque trionfi a Olimpia, più altre vittorie agli altri giochi Panellenici. Si sa che fu una donna assai ammirata per il suo comportamento molto religioso (Timaeus in Porfirio, Vita 4).
Esiste una lettera attribuita a lei e indirizzata ad una certa Phyllis, ricca di consigli pratici: in particolare, la consiglia sulla scelta della nutrice. Il tutto si basa sulla considerazione che un neonato desidera naturalmente ciò che è appropriato ai suoi bisogni, e ciò di cui abbisogna è moderazione in tutte le cose: da qui i consigli sulla natura della nutrice e sui bisogni del bambino, che trarrà i massimi vantaggi da questa 'moderazione applicata'.
Ecco il testo della lettera: "Myia a Phyllis: salve. Poichè sei appena diventata madre, ti offro questo consiglio. Scegli una nutrice che sia ben disposta e pulita, che sia modesta e che non dorma nè beva troppo. Una tale donna sarà la migliore nel giudicare come allevare il tuo bambino in una maniera appropriata alla sua posizione di uomo libero- a patto, ovviamente, che abbia abbastanza latte per nutrire un bambino, e che non sia facilmente sopraffatta dalle richieste del marito di dividere il suo letto. Una nutrice ha un grande ruolo in ciò che viene per primo ed è una 'prefazione' all'intera vita del bambino, l'essere nutrito per crescere bene. Che gli offra il seno e il nutrimento, non in ogni momento, ma secondo dovuta considerazione. Così guiderà il bambino alla salute. Non deve riposarsi quando desidera dormire, ma quando il bambino desidera riposare; non sarà un piccolo conforto per il neonato. Che non sia irascibile o loquace o indiscriminata nel mangiare, ma ordinata e temperata e, se è possibile, non straniera ma Greca. E' meglio mettere a dormire il bambino quando è stato appropriatamente nutrito con il latte, perchè allora il dormire è dolce per lui, e tale nutrimento è facile da digerire. Se gli dai altri cibi, che siano il più leggeri possibile. Evita il vino, a causa del suo forte effetto, oppure aggiungilo qualche volta mescolato con il latte. Non lavare continuamente il bambino. Lavarlo non troppo spesso, a media temperatura, è la cosa migliore. Inolre, l'aria deve avere una giusta misura di caldo e freddo, e la casa non dev'essere nè piena di correnti d'aria nè troppo chiusa. L'acqua non dev'essere nè calda nè fredda, e le lenzuola non devono essere ruvide ma piacevoli per la pelle. In tutte le cose, la natura desidera ciò che appropriato, non ciò che è stravagante. Queste sono le cose che mi sembrava utile scriverti al momento: le mie speranze sull'allevamento secondo la norma. Con l'aiuto del Dio, ti daremo utili e appropriati consigli sull'allevamento del bambino, ancora in seguito."
Queste parole non devono sorprendere: la donna pitagorica applica nella vita, nel microcosmo, le leggi cosmiche: come suggerisce Aesara di Lucania, si creare giustizia e armonia nelle nostre anime e nelle nostre case.

Come abbiamo detto, Pitagora affidò i suoi scritti alla figlia Damo e Diogene Laerzio ci informa anche che "la incaricò di non divulgarli a nessuno che fosse al di fuori della sua casa. E lei, sebbene avrebbe potuto vendere i suoi discorsi per molto denaro, non li abbandonò, poichè giudicò la povertà e l'obbedienza ai comandi di suo padre più preziosi dell'oro". Questi commentari, alla morte di Damo, passarono a sua figlia Bitale e al fratello di Damo e sposo di Bitale stessa, Telauges. Da Giamblico sappiamo quali testi in particolare Pitagora affidò a sua figlia: "Pitagora compose il suo trattato sugli Dei e ricevette l'assistenza di Orfeo, perciò quei trattati teologici sono sottotitolati, come i sapienti e fidati Pitagorici affermano, da Telauges; presi dai commentari lasciati da Pitagora stesso a sua figlia, Damo, sorella di Telauges..."

Arignote è detta da alcuni figlia di Theano e Pitagora, da altri semplicemente loro allieva; coloro che sostengono questa seconda ipotesi affermano che provenisse da Samo. Si sa di sicuro che scrisse un testo 'Il discorso sacro' dedicato ai Misteri di Demetra, ed era sicuramente l'autrice di 'Riti di Dionysos' e di altre opere filosofiche (Suda e Clemente d'Alessandria), ma nessuna delle sue opere ci è pervenuta. Un bellissimo frammento dal suo discorso sacro è però sopravvissuto: "...l'eterna essenza del numero è la causa più provvidenziale dell'intero cielo, della terra e della regione in mezzo a queste due. Allo stesso modo è la radice della continua esistenza di Dei e Daimones, come anche degli uomini divini..."

Di Aesara di Lucania conosciamo un solo frammento dalla sua opera 'Libro sulla natura umana'. Ecco il testo: "La natura umana sembra provvedere a uno standard di legge e giustizia sia per la casa che per la città. Seguendo le tracce dentro se stesso, chiunque cerchi farà una scoperta: la legge è in lui e la giustizia, che è l'ordinato arrangiamento dell'anima. Essendo triplice, è organizzata secondo tre funzioni: ciò che effettua i giudizi e ragiona è la mente (ho noos), ciò che ha forza e abilità è lo spirito (thymosis) e ciò che sente amore e dolcezza è il desiderio. Queste sono tutte disposte l'una in relazione all'altra, in modo che la parte migliore comandi, l'inferiore sia governata, e quella fra le due abbia un ruolo mediano; sia governa sia è governata. Il Dio ha così posto tali cose in accordo con il principio sia nella forma sia nel completare il luogo in cui risiedono gli esseri umani, poichè desiderava che l'uomo solamente fosse recipiente di legge e giustizia, e nessun altro degli animali mortali. Una composita unità data dall'associazione non potrebbe nascere da una singola cosa, nè da numerose che siano tutte uguali. (Poichè è necessario, dal momento che le cose da fare sono diverse, che le parti dell'anima siano anch'esse diverse, come nel caso del corpo, degli organi del tocco, della vista, dell'udito, del gusto e dell'olfatto che differiscono, perchè esse non hanno la stessa affinità con ogni cosa). Nè potrebbe una tale unità venire da molte cose differenti a caso, ma piuttosto da parti formate in accordo con la completezza e l'organizzazione e stando bene insieme nell'intero composito. Non solo l'anima è composta da molte parti dissimili fra loro, queste essendo state create in conformità al tutto e complete, ma in aggiunta queste non sono disposte a casaccio e in ordine sparso, ma in accordo con l'attenzione razionale. Poichè se avessero un'uguale parte di potere e onore, sebbene fra loro diseguali- alcune inferiori, alcune migliori, altre nel mezzo- l'associazione delle parti nell'anima non avrebbe funzionato bene. Oppure, anche se non avessero avuto una parte uguale, ma la peggiore piuttosto che la migliore avesse avuto la parte più grande, ci sarebbe stata grande follia e disordine nell'anima. E anche se la migliore avesse avuto la parte maggiore e la peggiore la minore, ma ciascuna di esse non nella proporzione adeguata, non ci sarebbero state unanimità e amicizia e giustizia nell'anima, poichè quando ciascuna è sistemata in accordo con la giusta proporzione, questo tipo di disposizione io chiamo giustizia. Quindi, una certa unanimità e accordo nel sentire accompagnano una tale disposizione. Tale potrebbe essere giustamente chiamato buon ordine che, grazie al governo della parte migliore e all'essere governato della parte inferiore, aggiunge la forza della virtù a se stesso. Amicizia, amore e gentilezza, affini e gentili, sorgeranno da queste parti. Perchè la mente che ispeziona tutto da vicino persuade, il desiderio ama, e lo spirito è colmato di forza; un tempo ribolliva d'odio, poi diventa amico del desiderio. La mente, avendo mescolato il piacevole con il doloroso, mescolando anche il teso e il robusto con il leggero e il rilassato delle porzioni dell'anima, ogni parte è distribuita in accordo con il compito affine e appropriato verso ogni cosa: la mente da vicino ispeziona e indaga le cose, lo spirito aggiunge impetuosità e forza a ciò che è indagato, e il desiderio, essendo simile all'affetto, si adatta alla mente, preservando il piacere come suo proprio e lasciando ciò che è da pensare alla parte pensante dell'anima. Grazie a ciò, la vita migliore per l'uomo mi sembra essere quando il piacevole viene mescolato con la serietà, e il piacere con la virtù. La mente è capace di fare queste cose, divenendo amorevole attraverso l'educazione sistematica e la virtù."

Grazie a Porfirio, sappiamo di un'altra filosofa pitagorica, vissuta con ogni probabilità intorno al III secolo ac: Ptolemais di Cirene che scrisse Πυθαγορικὴ τῆς μουσικῆς στοιχείωσις, "Principi Pitagorici della musica". Pare che il suo scritto vertesse sui differenti approci alla musica, uno basato sulla teoria (Pitagorici) e uno basato sulla percezione (Empiristi): "Mousikoi e Kanonikoi sono differenti: poichè 'mousikoi' è il nome dato ai teorici dell'armonia (harmonikoi) che prendono le mosse dalle percezioni, mentre 'kanonikoi' è quello dato ai teorici Pitagorici dell'armonia." Ecco un altro passaggio che spiega meglio: "La teoria che usa il 'kanon'- di cosa consiste? Delle cose postulate dai mousikoi e di quelle adottate dai mathematikoi. Le cose postulate dai mousikoi sono tutte quelle adottate dai kanonikoi sulla base delle percezioni, come ad esempio che esistono intervalli concordanti e discordanti, e che l'ottava è composta dalla quarta e dalla quinta, e che l'eccesso della quinta sulla quarta è di un tono, e cose simili. Quelle adottate dai mathematikoi sono tutte quelle che i kanonikoi studiano teoricamente nel loro modo speciale, iniziando solo dai punti di partenza forniti dalla percezione, ad esempio che gli intervalli sono configurati secondo la regola dei numeri, e che una nota consiste di vari numeri di collisioni, e altre cose dello stesso genere. Quindi si possono definire i postulati della kanonike come appartenenti sia alla scienza che riguarda la musica sia quella che riguarda i numeri e la geometria."
Nel frammento citato da Porfirio, Ptolemais nota che i Pitagorici si affidano ai sensi come "guide della ragione", ma che la ragione ha la priorità, se non si verifica accordo con i sensi, mentre i Musicisti che seguono Aristosseno si affidano solo ai sensi. Però ammette che lo stesso Aristosseno riconosce che l'evidenza dei sensi e la ragione sono inestricabilmente legate.

Grazie ai frammenti preservati da Stobeo, conosciamo i nomi di altre tre donne che fecero parte della scuola pitagorica: Phintys, Melissa e Perictione.
Stobeo (4,23,61) attribuisce un frammento di un'opera, 'Sulla Moderazione (Sophrosyne) delle donne', a Phintys, forse figlia di Callicrate; nel Florilegium (74.53), Stobeo le attribuisce anche l'idea che un rapporto sessuale fra sposi e con l'intento di generare un figlio non causi impurità, mentre la causa una relazione fuori dal matrimonio. Il frammento della sua opera ha un tono molto simile al secondo di Perictione sull'armonia delle donne. In esso, Phintys scrive che l'esercizio della virtù propria a un certo genere di entità è ciò che dà valore all'entità stessa; la virtù propria di una donna (ciò che la rende una donna eccellente) è la moderazione, perchè è attraverso di essa che può amare e stimare lo sposo. Sebbene affermi che alcuni compiti spettano solamente agli uomini (comandare gli eserciti, convocare le assemblee, etc) e altri solo alle donne (governare la casa, etc), dice chiaramente che la filosofia rientra fra quelle attività proprie ad entrambi i sessi. Afferma inoltre che sia gli uomini che le donne devono coltivare il coraggio, la giustizia e la moderazione, senza trascurare le virtù del corpo: salute, forza, bellezza e delicatezza. Phintys dà grandissima importanza al controllo di sè e delle passioni, e dà anche istruzioni su come raggiungere tale autocontrollo: preservare il letto attraverso la pietà religiosa, conservare la propria casa con la decenza nell'abbigliarsi e simili questioni, essere riservati durante le discussioni, cercare di non partecipare a feste orgiastiche ed essere moderati nel sacrificare agli Dei. La moderazione delle donne si deve estendere anche all'abbigliamento: devono vestire di bianco, evitando abiti trasparenti o troppo colorati, così come il trucco e l'eccesso di ornamenti. Così facendo non susciteranno la gelosia di altre donne nè offenderanno quelle più povere, e ciò aiuterà a portare concordia nella città.

Di Melissa sappiamo solo che era di Samo e che è probabilmente l'autrice di una lettera preservata da Stobeo (Meunier 1932, 10). La lettera (o meglio, il trattato filosofico in forma di lettera) è indirizzata a Cleareta, e le dà consigli molto simili a quelli dati da Pitagora alle donne di Crotone: la consiglia di vestirsi sempre con modestia e di cercare di rendere felice lo sposo e nessun altro. Bellissimo questo suo frammento, un insegnamento che tutte le donne dovrebbero tenere bene a mente: "Ella deve confidare nella bellezza e ricchezza della sua anima piuttosto che della sua apparenza e delle sue sostanze materiali; poichè invidia e malattia rimuovono queste ultime, ma le prime perdurano fino alla morte."

Perictione è, con ogni probabilità, proprio la madre di Platone, figlia di Glaucone e sorella di Carmide, di cui tutti parlavano con grandissimo rispetto. Due frammenti in Stobeo sono attribuiti a lei, uno da un'opera intitolata 'Sulla Sapienza' e l'altro da 'Sull'Armonia delle donne'. In un frammento dall'opera sulla Sapienza, scrive: "L'umanità è venuta in essere ed esiste per contemplare la teoria della natura del tutto. Possedere ciò è la funzione della sapienza, e il contemplare il fine dell'esistenza."
Mentre la matematica e altre scienze studiano certe realtà, la sapienza sola studia tutte le modalità del reale: come la vista riguarda tutto ciò che è visibile e come l'udito riguarda tutto ciò che è ascoltabile, così la sapienza riguarda tutto ciò che è reale. La sapienza, al contrario di altre scienze, non studia le proprietà attribuite a certi tipi di entità ma le proprietà attribuibili a tutta la realtà: la sapienza studia quel principio che ordina e dà armonia all'esistenza intera. "Così chiunque sia capace di analizzare ogni genere di cosa attraverso un unico ed identico principio, e che da questo principio sappia sintetizzare e analizzare, questa persona sembra proprio che sia la più sapiente e la più veritiera, e in più, sembra che abbia scoperto una sommità bellissima da cui si può levare il proprio sguardo verso il Dio e verso ogni cosa separata da lui e disposta in ranghi e serie."

Due frammenti invece vengono dall'opera 'sull'Armonia delle donne': in uno esorta le donne, con un linguaggio davvero ricercato, ad essere pie, religiose e obbedienti ai genitori. Bisogna sempre parlarne in modo rispettoso e non abbandonarli mai a causa della malattia o delle ricchezze, nella fama come nella sfortuna- se una donna mancherà a questi doveri verso i genitori, per tale empietà sarà punita in questa e nella prossima vita. Infatti dice Perictione: "Colui che disprezza i suoi genitori sarà, sia fra i vivi che fra i morti, condannato per i suoi crimini dagli Dei, sarà odiato dagli uomini e, sotto la terra, sarà, insieme con gli empi, eternamente punito in quello stesso luogo dalla Giustizia e dagli Dei sotterranei, il cui compito è di prendersi cura di cose di questo genere. Poichè i genitori sono una cosa divina, e bella, e la cura costante di loro risulta in una tale gioia che nemmeno la vista del sole, nè di tutte le stelle che danzano nei cieli luminosi, è capace di produrre, e nemmeno qualsiasi spettacolo che potrebbe essere più grande di questo."
L'altro tratteggia la perfetta donna aristocratica: deve essere ricca di moderazione e prudenza, e la sua anima deve aspirare alla virtù, così che ella possa diventare giusta, coraggiosa, prudente e ornata da quelle qualità che sono appropriate alla sua natura. Tale virtù complessiva è raggiunta quando una donna si impegna in una condotta nobile verso se stessa, lo sposo, i figli, la casa, e anche verso la Città e la Patria. Una tale condotta implica il superamento delle passioni e dei desideri, l'affetto per sposo e figli e l'evitare "il letto degli stranieri". Una donna di tal genere è moderata nel nutrirsi e nella cura del proprio corpo: deve evitare vesti immodeste o troppo lussuose, oro e troppe pietre preziose, costosi profumi e ornamenti per capelli, e anche trucchi per il volto- coloro che non fanno così, inclinano verso la licenziosità. E' la bellezza della temperanza che compiace uomini e donne virtuosi.
Ecco un frammento dall' 'Armonia': "E' necessario che una donna possegga a sufficienza armonia piena di prudenza e temperanza. Poichè si richiede che la sua anima sia con veemenza incline all'acquisizione della virtù, così che ella sia giusta, coraggiosa e prudente, e possa essere adornata dalla frugalità, e odi la vanagloria. Poichè, grazie al possesso di queste virtù, agirà in modo degno quando sarà sposata, verso se stessa, lo sposo, i figli e la sua famiglia. Spesso accadrà anche che una simile donna agisca in modo bellissimo nei confronti delle città, se accade che governi su tali città o nazioni, come vediamo a volte nel caso dei regni. Perciò, se domina desiderio e rabbia, una divina armonia sarà creata. "
In definitiva, la donna veramente virtuosa onora gli Dei, rispetta i genitori e obbedisce a leggi e costumi stabiliti dagli Antenati. La relazione con lo sposo è definita in questi consigli: "in compagnia del suo sposo, ella vivrà in conformità alle opinioni di una vita in comune con lui; si adatterà ai parenti e agli amici che stimano il suo sposo e considererà come dolci e amare le stesse cose che tali giudica suo marito."

La lista delle filosofe pitagoriche di cui sappiamo qualcosa oltre il semplice nome si chiude con Timycha di Sparta: lei e il suo sposo, Myllias di Crotone, si stavano recando a Metaponto con altri Pitagorici ("era abituale per loro cambiare luogo di residenza in differenti stagioni dell'anno, ed essi sceglievano quei luoghi (Taranto e Metaponto) per questa migrazione"), ma furono attaccati da un drappello di Siracusani, inviati da Dionisio. Si sarebbero salvati fuggendo, ma arrivarono ad un verdeggiante campo di fave e "non volendo violare la regola che proibiva loro di toccare le fave, rimasero fermi e, per necessità, attaccarono i loro inseguitori..alla lunga tutti i Pitagorici furono uccisi dai guerrieri, nè nessuno di loro sopportò di essere catturato, ma preferirono la morte a questo, secondo le regole della loro scuola." I Siracusani erano assai sconfortati, in quanto erano stati mandati con l'ordine di catturarli vivi; sulla via del ritorno incontrarono però Myllias e Timycha, rimasti indietro poichè lei era già al sesto mese di gravidanza. Furono quindi catturati e condotti da Dionisio che disse loro: "Otterrete da me onori che trascendono quelli di chiunque in dignità, se acconsentirete a governare con me", ma tutte le sue proposte vennero rifiutate dai due, allora Dionisio chiese solamente di pote sapere una cosa: perchè i Pitagorici avevano preferito morire piuttosto che camminare in un campo di fave? La risposta di Myllias è tremenda: "I miei compagni hanno perso la vita piuttosto che camminare sulle fave, ma io camminerei su di loro, piuttosto che dirti la causa di questo." Dionisio quindi ordinò che Timycha fosse torturata, "poichè egli pensava che, essendo una donna, incinta e privata del marito, ella gli avrebbe con facilità rivelato tutto quanto desiderava sapere, per la paura dei tormenti. La donna eroica invece, mordendosi con forza la lingua, la tagliò e la sputò ai piedi del tiranno." (FGrH 84 F 31) E' notevole il fatto che Giamblico la citi per prima fra "le più significanti donne Pitagoriche".