Testo scritto da Daphne Varenya Eleusina Adoranti in piedi/ gruppi di devoti: segni di saluto, omaggio, venerazione e preghiera - dito indice della mano destra sollevato, le altre dita serrate a pugno: esprime venerazione e sacro timore (sebein); presente nelle figure rappresentate in piedi presso un altare durante l'atto del sacrificio, davanti alla statua di una divinità, e nei gruppi di adoranti che si avvicinano agli Dei. - Una variante della precedente: insieme all'indice, anche il medio è sollevato mentre le altre dita rimangono strette a pugno - Entrambe le braccia sollevate verso il cielo con il palmo rivolto verso l'esterno: gesto classico che accompagna la preghiera e l'invocazione. Gli Antichi sostengono che si tratta di un gesto condiviso da tutti gli uomini quando si tratta di pregare gli Dei: "tutti gli esseri umani sollevano le braccia al cielo quando pregano." Se si prega sollevando un solo braccio, dev'essere il destro per gli Dei celesti, il sinistro per gli Dei Chthoni. - Il devoto si avvicina all'oggetto di devozione e si porta la mano destra alla bocca, in un gesto rituale indicativo del bacio come forma di saluto alla divinità (proskynein- da kynein, baciare: salutare con un bacio)- qualcosa di molto simile all'adoratio della Tradizione Romana: "gli uomini sono baciati da coloro che li salutano; ma per gli esseri divini, dal momento che Essi sono molto al di sopra e non è giusto toccarli, sono onorati con il nostro compiere la proskynesis per Loro." Diverse fonti riferiscono che fosse una pratica comune soprattutto prima della preghiera del mattino rivolta al sorgere del Sole, o comunque in onore di Helios; particolarmente attestata verso Nemesi "ricordo che sono un uomo e compio la proskynesis per Nemesi"- un modo per allontanare la 'collera' della Dea è questo gesto insieme alla frase "proskynò tèn Nemesin". Anche in caso di eventi ominosi, come narra Senofonte, ad esempio uno starnuto; anzi, il caso dello starnuto è spiegato da Ateneo, dimostrando la sacralità della testa: "gli uomini compiono la proskynesis per gli starnuti che vengono da essa, come se fossero sacri." Nelle zone orientali del mondo Greco-Romano era presente anche la pratica di baciare la Terra, i piedi e le mani delle divinità. I gesti che seguono sono attestati soprattutto per le processioni e i sacrifici (insieme ai gesti, talvolta si iniziano a offrire libagioni e avvicinare le offerte all'altare); sottolineano tutti l'atteggiamento di omaggio e venerazione rivolte dall'adorante alla divinità: - braccio destro sollevato (mano all'altezza della spalla, oppure completamente sollevato) e palmo del tutto aperto e rivolto verso l'esterno, e/o rivolto verso la divinità (quando i devoti si avvicinano agli Dei, agli altari e alle Erme, durante la preghiera) - braccio destro sollevato con il palmo aperto e il sinistro piegato all'altezza del petto con il palmo della mano aperto (di fronte alle divinità- nella presentazione di fanciulli) - entrambe le braccia protese, il palmo sempre rivolto verso l'alto (sempre nel caso di avvicinamento agli altari e alle divinità- anche per il singolo adorante) - mano destra sollevata con l'indice piegato a toccare la punta del pollice; oppure tutte le quattro dita piegate a toccare il pollice (incontro con la divinità, oppure durante una libagione) - braccio sinistro sollevato, mano destra che versa la libagione/grano/incenso sull'altare - braccio destro piegato e mano a pugno sul petto all'altezza del cuore, il sinistro piegato in avanti ad angolo retto (saluto e venerazione) - braccio destro disteso e mano aperta con palmo all'insù (di fronte alle Erme) Adoranti in posizione genuflessa Il gesto dell'inginocchiarsi come atto devozionale indica atteggiamento di rispetto e sottomissione alla gerarchia divina; si ritrova più frequentemente nei rilievi votivi, e l'adorante inginocchiato è praticamente sempre una donna- alcuni autori infatti pongono questo gesto fra gli atti 'effeminati' (gynaikisdomenos). L'atto di inchinarsi di fronte alle divinità si riscontra soprattutto nel caso di Dei Chthoni e di quelli venerati con gli epiteti di 'Soteres' ed 'Epekoi', delle Dee Eleusine e delle divinità della Salute, in particolare Asklepios (ad esempio, il Dio che poggia la mano sulla testa dell'adorante inginocchiato), ma anche di Artemis, Herakles e Palemone. Si fa ricorso a questo gesto di preghiera in casi gravi e urgenti e si avvicina alla supplica (hikesia); prospiptein è il verbo che indica il cadere in ginocchio per scongiurare e supplicare- molto spesso non per se stessi, bensì in favore di qualcun'altro. L'inginocchiarsi consiste semplicemente nel prostrarsi e nel rimanere accoccolati sui talloni. - In ginocchio di fronte all'immagine della divinità, le mani distese in avanti in basso verso i piedi o la veste (fino a sfiorarla) della divinità - In ginocchio di fronte all'immagine della divinità, le braccia sollevate con i palmi aperti verso l'esterno - In ginocchio sulla terra, si batte il pugno sulla terra (per le divinità infere) - la pratica di distendersi completamente a terra con il volto al suolo è di origine straniera, non ellenica - un genere particolare di proskynesis è il bacio alla Terra, un gesto testimoniato da Agamennone e Odisseo al ritorno in Patria; vale lo stesso quando ci si separa da un luogo ("partiamo dopo aver compiuto la proskynesis per questa terra") o si parte da casa- in quest'ultimo caso si bacia la soglia; se il saluto è rivolto sia agli Dei celesti sia alla Terra, si ha una proskynesis rivolta verso il Cielo e quindi un bacio alla Terra Giuramento -si tocca l'altare (dove sono già state depositate le offerte) con entrambe le mani Euphemia/silenzio rituale -indice della mano destra appoggiato sulle labbra- si parla anche di indice e medio contemporaneamente, in ambito misterico (dalla discussione svoltasi nel gruppo sul gesto di Harpokrates) (LIMC Demeter 439, 270, 404, 282, 275, 279, 413, 379, Asklepios 108, 102, 75, Acheloos 197, Apollo 968, 956, 961, Artemis 674, 1182, 462, 720, 974, 1024, 728, Eileithyia 88, Hekate 106, Kephisos 2, Melikertes 50, Herakles 1386, 760, 2867, 2869, 2859, 1393, Hermes 297, Kybele 128, Hestia 8, Charites 24, Athena 590, Korybantes 5, Pan 236, Zeus in per. or. 145, 147, Dionysos 172, Helios 83, Pankrates 6, 24, 19, Aithiopes 39; ARV2 1333, 12/ 776, 3/511, 3/592, 32/ 21, 1; Ps. Arist. Mun. 6. 400A16; Plut. Phil. 2-3; Min. Fel. 2.4; Luc. de sacr. 12, de salt. 17; Dem. 49, Adv. Arist. 1.37; Iliad 1. 351, 1. 450; Plato Leg. 717a, Rep. 451a; J. Horst, Proskynein, Gutersloh 1932; Phil. Ep. 18; Alciphr. 3. 67. 1; Hesych. s.v. anticheire; Sen. Anab. 3. 2. 9; Arist. Probl. 962. 38b; Athen. 2.66c; Aristoph. Pluto 771; Menander fr. 609 Kock; Soph. fr. 672 Nauck; Arr. Anab. 4. 11. 3; Thorv. Mus. I 1644; Eitrem 1953. 605; van Straten 1974; Eur. Alc. 162; Aesch. Sept. 111; Soph. Ed. Col. 1654; Theoph. Char. 16.5; Hymn Apollo 333; Iliad I 568, Od. 4. 522, 13. 354; Arist. Equit. 31; Plut. De superst. 3; And. de Myst. 126; Aristoph. Cav. 156) |