Noumenia

 

Noumenia

Plutarco (Mor. 828A) afferma che Noumenia, il primo giorno del mese, è "il più sacro dei giorni"; gli Ateniesi hanno sempre preservato la sacralità del giorno con grande scrupolo: oltre al fatto che nessuna festa cadeva in questo giorno, nessuno degli incontri previsti per le assemblee legislative o per le organizzazioni tribali è attestato nel primo giorno del mese (l'unica eccezione in assoluto è una transazione finanziaria avvenuta il I di Boedromion 408/7, IG II2 304, linee 52-54). Esiodo specifica che non si devono intraprendere lavori agricoli in questo giorno.
In un anno, senza mese intercalare, ci sono dodici Noumenia e dalle fonti sappiamo che venivano celebrate tutte nello stesso modo, nessuna differenza fra un mese e l'altro. Tecnicamente, esistevano un tempo due Noumenia, come evidenzia Tucidide (2.28), parlando di un'eclissi di sole che avvenne nel 431/0 "nel pomeriggio delle Noumenia secondo la luna (kata Selene)" cioè secondo il calendario religioso, e non quello civile (fissato di volta in volta dall'arconte).

Aristofane (Cav. 43-44, Vesp. 169-171) ci informa che un aspetto profano ma importante della festa era un grande mercato pubblico (tanto grande che vi si trovava davvero di tutto, schiavi e asini per certo..): può sconcertare questa usanza, che è però giustificata dal fatto che il giorno precedente, 'hene kai nea', si riscuotevano i debiti (Ar. Nuvole 740-56).
La Noumenia è anche un giorno 'rilassante', che prevede banchetti privati (cfr. Lisia, contro Cinesia,  'Noumeniastai'); Aristofane associa la ricorrenza anche con i piaceri della palestra, del banchetto e degli amori (Ach. 999). Se facciamo poi riferimento a Teofrasto (Char. 4.12) troviamo l'espressione "partecipare/mantenere le Noumenia" come equivalente del partecipare ad un banchetto; questo banchetto deve avere qualcosa di molto particolare fra i suoi elementi, soprattutto considerando la particolare espressione usata da Pindaro nella quarta Nemea: "il mio cuore è trasportato, come dal magico diletto durante la Noumenia..."

In merito agli aspetti più propriamente rituali, possiamo dire che il "porre l'incenso" è un atto particolarmente associato con le Noumenia: Aristofane ritrae Filocleone e la sua smania per i tribunali popolari. In una delle prime scene, Santia dice "nemmeno come se stesse sacrificando incenso alle Noumenia" (Vespe 94); lo scolio a questo passaggio specifica dove l'incenso venisse posto: "kata noumenian gar ethos eichon libanoton epitithenai tois agalmasin". Oltre all'incenso e alle statue, un terzo dettaglio lo fornisce il poeta comico Teopompo (framm. 47 Kock): daphnei. Il riferimento all'alloro ci ricorda che il primo giorno del mese (così come il settimo: rispettivamente, prima apparizione e giorno in cui la Luna è per metà piena) sono sacri ad Apollo: già fin da Omero (Odissea, XIV, 162; XIX, 306), Apollo è connesso con le Noumenia (e i Noumeniastai potrebbero anche essere collegi privati che onoravano Noumenios).
Un parallelo perfetto di questi atti rituali privati lo troviamo in Porfirio (De abst. 2.16), quando descrive la pietà religiosa di Clearco l'Arcade: si narra che Clearco fosse molto scrupoloso nell'osservanza dei doveri religiosi e che li compisse con regolarità. Ad esempio, ad ogni Noumenia, non mancava mai di offrire ghirlande e di pulire le statue di Hecate, Hermes e degli altri Dei, che gli erano state tramandate dai suoi antenati; non mancava inoltre mai di offrire incenso (libanotois) e torte rotonde di farina d'orzo.

L'aspetto pubblico delle celebrazioni delle Noumenia ce lo suggerisce Demostene (25.99), che parla di cittadini che salgono sull'Acropoli in occasione delle Noumenia.
Ora, c'è un particolare importante: Erodoto (8.41) descrive le offerte mensili presentate dagli Ateniesi al Serpente sacro dell'Acropoli: "ta d'epimenia melitoessa estin"; i lessicografi contribuiscono a fornire altre informazioni: Esichio, ad esempio, ricorda che il sacrificio chiamato Epimenia cadeva durante il giorno delle Noumenia. Possiamo praticamente essere certi che le due feste coincidessero.

La descrizione che Pausania (V, 15) dà di un sacrificio mensile compiuto dagli Eleati a Olimpia può costituire un buon parallelo per le celebrazioni ateniesi: "essi fanno questo sacrificio secondo l'uso antico: poichè sugli altari essi bruciano incenso insieme con farina impastata con il miele. Pongono sugli altari anche rami di ulivo, e usano vino per le libagioni. Solo alle Ninfe e alle Despoinai non versano la libagione, e nemmeno sull'altare comune di tutti gli Dei. Le questioni che riguardano questi sacrifici sono gestite da un sacerdote, che ha la carica per un mese, e anche dai profeti e dai portatori di libagioni, e anche da una guida, da un suonatore di flauto e da un taglialegna. Ma le cose che usano dire nel pritaneo dopo le libagioni, o gli inni che cantano, non li introdurrò nel mio resoconto."