Pane e torte

 

Pane e Torte

Il pane, un dono di Demetra dalle belle chiome

“Per prima cosa dunque, caro Moschus, ricorderò i doni di Demetra dai bei capelli, e tu serbali nel tuo cuore…”

“Questo è il momento di parlare del pane inventato da Demetra, chiamata la Signora del grano e dell’Abbondanza; poichè i Siracusani onorano la Dea con questi titoli…nella beota Scolus erano state erette statue di Megalartos e Megalomazos…” *

(*Liddell and Scott, s.v. “Megalartia,” “Megalartios.” Megalartia erano feste celebrate a Delo (Ateneo IV 109f) e a Delfi (iscrizione dei Labiadi)

Come potete ben immaginare, il pane era un alimento fondamentale nell’Ellade, sia dal punto di vista religioso sia nell’uso privato; sono noti moltissimi diversi tipi di pane (Plinio, Pollux e Ateneo forniscono delle liste molto accurate), da quello più semplice, il kodraton (detto ‘quadratus’ dai Romani) una pagnotta insaporita con anice, formaggio e olio (secondo Eraclide, nell’Arte di cucinare), fino al raffinato ‘boletus’ a forma di fungo e coperto di semi di papavero. Ateneo nei suoi scritti cita più di settanta nomi di pani: allo zafferano, al finocchio, al rosmarino, all’oliva, all’anice, ai capperi, alla cipolla ecc.
I tipi di pane che si distribuivano durante i sacrifici erano per la maggior parte descritti da Aristomene di Atene, nel suo ‘Oggeti legati al culto’. Il pane era protagonista di moltissime feste: possiamo citare i pani delle Tesmoforie, oppure il rituale agrario siracusano in onore di Artemis, in cui i contadini portavano in città dei pani con forme di animali selvatici; nei templi di Hera sono state rinvenute immagini di riproduzioni di pani con rosette impresse sulla superficie, etc. Nel santuario di Demetra e Kore sull’Acrocorinto sono stati rinvenuti moltissimi likna votivi, contenenti pani e torte.

Se il pane era preparato in casa (dal V secolo abbiamo già i fornai e le panetterie- ce ne parla, fra gli altri, Aristofane), erano le donne ad occuparsene (come si può già vedere nelle descrizioni dell’Odissea): una bella terracotta beota, ora al Louvre, mostra donne che danno forma a dei pani, mentre un uomo suona il flauto per accompagnare il loro lavoro.

Due sono i termini impiegati per indicare questo alimento: ‘artos’ che significa pane o pagnotta, e ‘sitos’ che vuol dire più generalmente cibo, cereali, e per estensione indica anche il pane. Il pane bianco è ‘katharos artos’, quello integrale è ‘ryparos artos’ o ‘autopyros’.

‘Achainai’, grandi pagnotte preparate in onore di Demetra e Kore, e probabilmente connesse con la festa delle Megalartia: “un festival chiamato Megalartia è celebrato da persone che vi contribuiscono recitando le parole: “un tragos pieno di lardo per la nostra Signora Achaia, Mater Dolorosa”. (Semo, Storia di Delo, F. H. G. IV.494; Plutarch, de Is. et Osir. 378e.)

‘Artolaganon’, foglie di pane, ossia una specie di focaccia, menzionato nelle Ecclesiazouse (1.843) di Aristofane: “i lagana stanno cuocendo'; ne abbiamo la ricetta: all’impasto base per fare il pane, si devono aggiungere anche latte, olio, lardo, pepe e vino (Ateneo 3.113d)- da cuocere in un forno molto caldo.

‘Elatér’ un pane riempito di crema di fagioli, offerto a Hera, Zeus Phratrios, Dioniso e Atena (Aristofane,  Ach.2 46, Eq. 1183; Suda,s .v.; Hesychios, s.v. ; SCG1 9, linea 7; LSCG1 51. B, linea 9; LSAM 37, linea 11; LSAM 50, linea 36.)

‘Kapyria’ che Ateneo afferma essere l’equivalente dei ‘tracta’ romani- di questi Catone ci dà la semplicissima ricetta: impastare l’alica (un semolino grossolano di spelta) con farina e acqua. Quando l’impasto è pronto, si stende e si ricavano i tracta che vanno stesi ad asciugare su un graticcio. Una volta asciutte, si possono ungere d’olio, friggerle o passarle al forno. (In diverse ricette di Apicio, le tracta frantumate vengono usate come ‘pasta’). (Catone De agr. 86)

‘Apanthrakis’, un pane morbido e leggero di forma rotonda; una citazione viene da Diocle di Caristo, il quale afferma che fossero più soffici del ‘laganon’. Secondo Diocle, citato da Ateneo, queste pagnotte venivano arrostite sulla brace, come il pane cotto sotto la cenere secondo l’usanza ateniese. Ci riferisce inoltre che ad Alessandria questo pane era offerto a Crono, e gli abitanti lo lasciavano nel tempio in modo che ne mangiasse chi lo volesse.

Lincio di Samo, nelle lettere a Diagora, paragona il cibo ateniese con quello di Rodi, dicendo: “Oltre a ciò il pane che si vende nei loro mercati è rinomato ed essi lo passano al principio e a metà del banchetto senza limitazioni. Quando poi sono stanchi di mangiarne e sazi, allora servono una splendida tentazione consistente in quel che essi chiamano ‘pane di braciere unto’. E’ un ghiotto e soffice impasto inzuppato in un vino dolce, in modo talmente piacevole da produrre un effetto meraviglioso su coloro che lo assaggiano, indipendentemente dalla loro volontà. Infatti, come spesso accade, a colui che mangia questo pane di braciere torna la fame.”

‘Semidalites’ fatto con semola di grano

‘Krithinos artos’ fatto d’orzo

‘Khondrites’ con farina di farro

‘Krimmatias’ con farina di grano

‘Etnitas’ e ‘lekithitas’ con legumi

‘Brattime’ o ‘eukonos’ con la crusca

‘Aleipohatites’, pane all’olio

‘Orindes’, menzionato da Sofocle: Ateneo congettura che possa trattarsi sia di ‘pane di riso’ sia di miglio (Ateneo D 110e, citando Sofocle frammento 609)

‘Purnos’, un pane fatto di farina non setacciata, contenente tutte le parti del grano (Filemone, Libro I della ‘Lista completa di tutte le offerte sacrificali”)

‘Gamelion’, impastato con miele e sesamo, era consumato nel banchetto nuziale

‘Artos enkryphias’, ossia cotto su pietre roventi, sotto la cenere (Ippocrate R 42; Archestrato H4; Ateneo D 110b)

‘Bacchylos’, pane, fatto con farina finemente setacciata, e cotto sulla cenere; probabilmente connesso con le feste di Dioniso in Elide (Nicandro, ‘Glossario’, frag. 121 Schneider)

‘Klibanites’, pani cotti in vasi di terracotta (Archestrato H 4; Ateneo 109f)

‘Berex’, grandi pani d’orzo con sporgenze chiamate ‘corna’ , consumati durante una festa di Apollo a Sparta (Esichio s.v. Berekes)

‘Hygeia’, distribuito durante i sacrifici o donato come offerta (Ateneo D 115a; Pollux 6.76, riferendosi a ciò che bisogna offrire nel santuario di Trofonio)

‘Ipnites’, pani cotti nel forno, il ‘panis furnaceus’ dei Romani (Ateneo D 109c; Plinio NH 18.105)

‘Achilleum’, pane fatto di farina di orzo molto ben setacciata (Teofrasto VIII 4.2; Aristofane, Cavalieri 819)

‘Obelias artos’ , riceve il suo nome o dal fatto che viene venduto per un obolo in Alessandria, oppure perchè viene cotto su di una specie di piccoli spiedi (obeliskoi); si dice che questa fu un’idea di Dioniso durante una delle sue campagne militari (Socrate, sesto libro degli ‘Epiteti’). Con ogni probabilità erano offerti nei sacrifici, perchè Ateneo si riferisce chiaramente a ‘uomini che li portano sulle spalle durante le processioni’ e  chiamati quindi ‘obeliaphoroi’. (Ippocrate R 42; Ateneo 111b, citando Socrate di Cos)

‘Kammata’, serviti dopo pranzo ai giovani Spartani- focacce di orzo, inzuppate nell’olio, quindi cotte e servite su foglie d’alloro (Nicocle di Sparta, FGH 587 F1)

‘Boletinos artos’, appunto a forma di fungo (Ateneo D 113c, citando Crisippo di Tiana)
Probabilmente, all’impasto base venivano aggiunti olio e strutto; durante la lievitazione, si ungeva la madia e la si spolverava di semi di papavero, poi adagiandovi gli impasti che così si attaccavano ai semi. Per cuocerli, prima di metterli in forno, si spolveravano con farina integrale, ed è questo che li aiutava a prendere un bel colore, che Ateneo paragona a quello del formaggio affumicato.

‘Streptikos artos’, pane intrecciato, con un po’ di latte e olio

‘Thargelos’ o ‘thalysios’, il primo pane preparato dopo il raccolto (FGrH 362 F 6) offerto a Demetra e Apollo alle Thalysia e alle Thargelia (Ateneo 114a; Eustathius, II. 772.22.

‘Anastatos’, il pane preparato per le arrefore

‘Lochià’ un pane preparato per Artemis, forse connesso con ritali legati al concepimento (Esichio s.v.)

‘Streptikios artos’, fatto con il pepe (Ateneo D 113d, citando Crisippo di Tiana)

‘Hapalos artos’ un pane soffice e delicato, fatto con un po’ di latte, olio e sale, tipico della Cappadocia- in Siria era squisito, ma andava consumato caldo (Ateneo D 113b, citando Crisippo di Tiana)

‘Eskharites’, ossia pagnotte cotte sopra un braciere; Lynceus parla di ‘diakhristos eskharites’, ossia unte, verosimilmente immerse o coperte di qualche salsa. (Ateneo D 109c-e, citando Lynceus)

‘Kollix’, ‘kollikia’ o ‘kollaboi’, una sorta di pagnotta o ciambella a forma di spirale, fatta di orzo non macinato finemente. Secondo Archestrato era un’ottima specialità tessala, secondo Aristofane un prodotto di base della Beozia e infine, secondo Hipponax era ‘foraggio per gli schiavi’. (Hipponax 26 West; Aristofane, Acarnesi 872; Archestrato H 4)
Con il nome ‘kollabos’ e ‘kollyba’ si indica anche un pane ricavato da diversi cereali mescolati con le noci; si usava per dare il benvenuto ad un nuovo membro della famiglia, cui erano appunto offerti datteri, kollyba e noci (Schol. Aristofane, Pluto 1. 768). I kollyba erano offerti in sacrificio a Zeus, a Men, e a Damia e Auxesia (iscrizione dal Sunio del II dc; iscrizione da Sparta per il culto di Zeus Taletites, Damia e Auxesia).

‘Kyllestis’ era il pane lievitato, di farro, proveniente dall’Egitto (Erodoto 2.77; Ateneo D 114c-d, e 418e, citando Ecateo)

‘Nastos’ era una pagnotta ripiena, oppure un tipo di pane livitato molto grosso; Nicostrato dice: “un nastos grande come questo, signore, e bianco; era così grande che spuntava fuori dal canestro delle offerte. Il suo profumo, quando il coperchio fu rimosso, salì subito al mio naso, insieme au un vapore di miele, poichè era ancora caldo.” In Attica, a Zeus Georgos era offerto un nastos (iscrizione attica del I dc)

‘Throne': “Codro prese una fetta di pane denominato throne e un po’ di carne, ed essi considerano questo la più antica porzione dell’uomo” (Neante di Cizico, FGrH 84 F 1)

‘Dipyros’, letteralmente ‘cotto due volte’. Eubulo nel Ganimede (frammento 17): “cosa sono i dipyroi? Un pane ricco/sontuoso.”

‘Bomos’, un tipo di pane a forma di altare ( IG2.1651B,C, Poll.6.76)

 

 

Plakous, pelanos... e altre 'torte' della Tradizione Ellenica

“Molti membri del gruppo fornirono liste di nomi di torte ed io ne condividerò il maggior numero possibile che posso ricordare con voi…”

 

Sulle ‘torte’ vi sono numerosi accenni, tanto nei testi quanto sulle pitture vascolari, monete etc.. I termini greci più generali sono plakous, pelanos, popanon e pemma, in latino libum (Catone ci dà la ricetta: “Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio. Quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene…”.) . In un rilievo a Taranto, si vede una bellissima immagine di Demetra, che porta una fiaccola e un cesto con delle torte che sembrano avere un omphalos nel centro; diverse scene rappresentate sui vasi mostrano gli Dei a banchetto e spesso sulla tavola vi sono torte come il plakous o la pyramis (Dionysos, Herakles…> Richter 1936, pls. 152, 153; Arias, Hirmer, and Shefton 1962, pl. 32). Su un rilievo votivo (Louvre 756) si vede bene un canestro colmo di torte sacrificali a forma di ciambella, alcune delle quali sono appena state poste sull’altare; su molti vasi si vedono canestri pieni di altri tipi di torte (rotonde, piramidali etc), e spesso si trovano le stesse raffigurazioni sui rilievi del ‘banchetto dell’Eroe’. Molto rari ma pure presenti ed identificati a Locri, in una scena raffigurata sui pinakes, sono i dolci a forma antropomorfa, con tutta probabilità legati al culto di Persefone.

 

 

‘Pemma’ indica una piccola tortina, ma dobbiamo tener presente che a volte l’elemento cereale può non esserci del tutto, sostituito da altri ingredienti come le noci e la frutta secca. ‘Pemma’ è la parola che designa, in genere, le torte offerte a Demetra, Zeus e Atena (Erodoto 1.160; Pausania 1.38.6; Antifonte 174.2; Ateneo 12e, 172c-e, 642a, 645e, 648a; LSS 109, linea 4; LSCG 152, linea 6; LSAM 9, linea 21; LSAM 57, linea 3; LSAM 145.)

 

Galeno però dedica il primo libro del suo ‘De Alimentorum facultatibus’ al ruolo dei cereali nell’alimentazione umana. Il medico ippocratico prende avvio dalla considerazione delle virtù del pane, l’alimento per eccellenza ricavato dal frutto demetriaco: subito dopo, la sua trattazione si sofferma proprio sul tema dei pemmata. La pagina medica, qui tanto simile ad un ricettario, non tace i dettagli della loro preparazione e cottura: si pone a friggere l’impasto di acqua e farina nell’olio scaldato in un tegame a fiamma viva, rivoltando più volte la focaccia/frittella, fino ad aver ottenuto una frittura uniforme; quelle frittelle, cui egli riconosce una terapeutica virtù astringente, saranno poi tipicamente cosparse di miele a caldo, “anche se alcuni preferiscono invece guarnirle di sale marino”. Galeno riconosce nei pemmata quella categoria popolare di focacce consumate in svariate occasioni, durante le feste della polis e nei banchetti privati. Di pemmata si parla anche nelle offerte ai defunti, gettate nelle fosse accanto alle sepolture (bothroi): si tratta dei pemmata a forma di uomo, descritte in Heliod. Aeth. 6.14.3-6.

 

 

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Il ‘plakous’ è spesso tradotto come torta al formaggio; si trova citato in molti testi, in contesti sia religiosi che profani. Galeno rimarca che esistono molti tipi di plakous nelle campagne, fatti con ingredienti improvvisati. Gli ingredienti base erano appunto formaggio, miele e farina, secondo la descrizione di Antifane (frammento 55). Si diceva che quelli di Atene fossero particolarmente buoni, a causa dell’ottima qualità del miele attico. (Ateneo D 449c). Ancora caldi, questi vanno cosparse di miele fuso, che andrà così ad amalgamarsi rilasciando gradatamente il suo sapore, fino a diventare quasi inseparabile dall’impasto e dal ripieno di formaggio pecorino fresco (il ripieno tipico dei plakountes). Pare fossero irresistibili, almeno a giudicare dalle parole di Ateneo: “quando vidi il dorato, dolce, grande, rotondo, soffice figlio di Demetra giungere, un caldo plakous…”

Ecco la ricetta fornitaci da Catone: bisogna mescolare farina di frumento e farina di farro, fino a farne un composto omogeneo, quindi si lascia riposare finchè non si asciuga. A quel punto bisogna tirarlo in sfoglia molto sottile e farne diversi strati, spalmarli d’olio d’oliva e cuocerli in forno. Quindi si deve preparare una crema con formaggio di capra e miele. Si prende infine una pentola di terracotta e si fanno strati alternati di sfoglie e crema, finendo con uno di pasta, e si mette a cuocere (non più di mezz’ora a 150°). Ad ogni modo, quando è dorato è pronto: sfornare e cospargere di miele.

 

Il ‘plakous’ era spesso offerto in sacrificio, come rivela benissimo un calendario religioso di Mileto, del V secolo. Era anche uno dei cibi contenuti nel liknon e portati in processione dal liknophoros (Anecd. Graec. I, p. 277). Un poema del III ac descrive il dono di un fanciullo ad Apollo, dopo il primo taglio delle ciocche di capelli: un gallo e un ricco ‘plakous’ ripieno di formaggio (Anth. Pal 6.55). Una variante è il ‘plakous triablomos’, una torta divisa in tre parti da solchi che partono dal ‘nodo centrale’ (se ne hanno esempi dai ritrovamenti nell’Agorà di Atene)

 

 

Una specie di ‘plakous’ sono i ‘kribanai’ che Ateneo, citando Sosibio (fonte spartana) descrive come aventi forma di seni: “gli Spartani li usano durante le feste delle donne, e coloro che partecipano al coro li portano in processione quando stanno per cantare l’encomio per la sposa.”

 

 

Il ‘popanon’ è la forma più comune di torta da offrire sugli altari; di fianco a quattro popana può esservi anche una quinta torta, il ‘pemptos bous’ quinto bue. Si tratta di una torta rotonda e abbastanza grossa ma leggera, con un ‘nodo/protuberanza’ centrale (Photios s.v.popana). Tale tipo di torta può essere identificata con il ‘popanon monomphalon’ che si offre a Artemis, Leto, Herakles, Kourotrophos e Hermes (da un’iscrizione del IV ac, dal Pireo, relativa al culto di Artemis e Latona e un’altra del III-II ac di un calendario ateniese; un calendario di Samo che parla di Hermes e della Kourotrophos).

 

Nei sacrifici preliminari è spesso associata alle Due Dee (Aristofane, Pluto 660; Tesmoforie 285; iscrizione IV sec. sul culto di Asclepio: a Maleatis tre popana, tre anche per Apollo ed Hermes). Un popanon è da offrire a Zeus Georgos, ai Venti, e a Herakles (da un calendario del I dc da Atene).

 

Il ‘popanon kathemenon’, appiattito, è offerto a Poseidone, Kronos, Apollo e Artemide (calendario ateniese, I dc).

 

I ‘popana polyomphala’ hanno più ‘nodi’, il numero è generalmente cinque: quattro sui lati ed uno al centro, con una croce che li connette. Nei famosi likna ritrovati nel santuario di Demetra e Kore sull’Acrocorinto, se ne ne vedono di diverse specie: con quattro, cinque, sette oppure otto nodi. Una forma con dodici nodi era detta ‘popana dodekonphala’ ed era offerta alle Due Dee, a Herakles, Apollo, Artemis, Zeus Georgos, Poseidone, i Venti, Kronos (calendario ateniese, I dc)

 

Anche il ‘pelanos’ era una torta da dedicare come offerta. Era un ‘pelanos’ la torta fatta con la farina ottenuta dal grano della piana di Raro, che si offriva alle Dee durante i Grandi Misteri (Aristofane, Pluto 676-81; Euripide frammento 912 Nauck; Polybius 6. 25.7; Suda s.v. anastatoi, dove cita il frammento 350 Nauck di Euripide; Eustathius, commentario all’Iliade 4. 263

 

 

La ‘pankarpia’ era l’offerta di tutte le specie di frutti in forma di torta, che poteva assumere aspetti differenti. Euripide la descrive come un ‘pelanos’, da Teofrasto invece è descritta come una ‘melitoutta’- in questo caso sappiamo che i raccoglitori di erbe ricordavano che tale offerta doveva essere dedicata alla Terra dopo aver raccolto particolari erbe sacre. (Sofocle frammento 398 Radt; Euripide frammento 912 Nauck; Theophrastus HP 9.8.7). L’aspetto più abituale era quello di una torta tonda, preparata spezzettando le ‘itria’ e facendole bollire nel miele. Se ne facevano quindi delle sfere e le si avvolgeva in fogli di papiro perchè mantenessero la forma, finchè non si fossero raffreddate. In un calendario dedicato ai culti privati, del I dc, sono offerte a Zeus Georgos e Zeus Ktesios (Ateneo 473c, 648b; LSCG 52, line 15.)

 

 

Fra le torte destinate ai sacrifici, è inoltre abbastanza rinomata quella chiamata ‘amphiphon’, specifica di Atene. Si trattava di un tortino al formaggio, su cui si accendevano delle candele; si offriva ad Artemis il giorno di luna piena del mese di Munichione. “Philemone nella ‘Donna Mendicante’ o nella ‘Ragazza di Rodi': Artemis, amata signora: ti porto questo amphiphon, signora, torte da offrirti.” “Diphilus anche si riferisce a questo nel suo ‘Hekate’. Philocorus dice che un amphiphon era portato ai templi di Artemis o agli incroci delle strade, perchè in quel giorno la luna tramonta nello stesso momento in cui sorge il sole e il cielo è illuminato da entrambi.” (Ateneo D 645a, citando Filocoro)

 

 

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A Delo avevamo la ‘basynias’, una torta al miele guarnita da un fico e tre noci, e offerta a Iris sull’isola di Hekate (Ateneo D 645b, citando Semus): “sull’isola di Hecate, la gente di Delo offre a Iris le basyniai, come sono chiamate. Sono fatte di un impasto di farina di frumento bollito con il miele, a cui sono aggiunti quelli chiamati coccora (semi di melograno), un fico secco e tre noci.”

 

 

L’ ‘arister’ era una torta da bruciare nel fuoco, in onore di Helios, Mnemosyne e le Moire (Pollux 6.76; LSCG2 1.B19, linee 23-24; LSCG2 2, linea 2; LSCG2 6, linea 2)

 

 

Il ‘kreion’ era una specie di focaccina dolce a forma di pagnotta, e in Argo era donata dalla sposa al marito- è da sevire con il miele.

 

 

Ancora ad Atene, l’ ‘elafos’, una torta in forma di cervo, fatta di farina di farro, miele e semi di sesamo- offerta alle Elaphebolia (Ateneo D 646c)

 

 

L’ ‘hebdomos bous’ è una torta a forma di luna crescente, offerta in sacrificio insieme a sei ‘phthoeis’ (F. Sokolowski, lois sacrées des cités grecques)

 

 

In Sicilia, ‘myllos’ avente la forma delle zone intime femminili; offerto a Demetra e Persephone. “Eraclide di Siracusa nel suo ‘I costumi di Siracusa’ dice che alle Panteleia, che è una parte della festa delle Tesmoforie, dolci a forma di genitali femminili erano preparati con semi di sesamo e miele, che erano chiamati mylloi in tutta la Sicilia, e venivano portati in processione in onore delle Dee.” (Ateneo D 647a)

 

 

Inoltre il ‘phthois’, una torta sacrificale tonda, forse chiamata ‘Selene’, composta di farina di grano, formaggio e miele- si consumava insieme alle carni degli animali sacrificati (Ateneo D 489d, 647d; Eustathius ne offre la ricetta..). Clemente di Alessandria afferma che si trattava di una delle torte presenti nella cista mystica. Erano di solito offerte durante i sacrifici, nelle iscrizioni sono associati con Hestia, Zeus, Apollo ed Asclepio (Clement, Protr. 2.19; iscizione del IV ac da Erythrai e una del I dc, riguardante un sacrificio a Zeus Atabyrios)

 

 

‘Palathion’, una torta oblunga e piatta, fatta di frutta o noci e pressata con il miele; Ateneo conferma che si trattava di un’offerta tipica presente nel kernos (Ateneo 500d; Teofrasto HP 4.2.10; Sudas.v. palathe)

 

 

‘Ames’ è spesso tradotto con torta di latte; ne esistevano anche di più piccoli, detti ‘ametiskoi’, dei pasticcini (Aristofane, Pluto 999; Philo, Sull’ubriachezza 217; Ateneo 644f)

 

 

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L’ ‘enkhytos’ è il romano encytum, di cui Catone ci fornisce la ricetta: mescolare formaggio e farina di farro in parti uguali. Prendere un imbuto largo e far colare parti uguali di impasto a forma di spirali nello strutto bollente. Girare le spirali nello strutto con due palette. Togliere, spalmare di miele e mettere a dorare nello strutto meno caldo. Servire a temperatuta moderata, con miele o mulsum (vino bianco con miele) e accompagnati da vino dolce. Pare che nella preparazione di questa torta vi fossero palesi allusioni alla sfera sessuale, come attesta Ateneo, citando Hipponax.

 

 

Il ‘gouros’ è citato da Solone nei suoi Giambi: “Essi stanno bevendo e alcuni di loro stanno mangiando itria*, altri pane, e altri gouroi insieme a lenticchie. Non un singolo tipo di ‘pasta’ lì manca, di tutte quelle che la nera terra produce per gli esseri umani, ma ogni cosa è disponibile in abbondanza.” Appare anche in un’elaborata descrizione poetica di Filosseno di Citera in stile ditirambico, nel ‘Convito’.

 

 

* ‘Itria': l’ ‘itrion’ è una pasta leggera fatta di sesamo e miele, la descrive Anacreonte: ho spezzato un po’ di croccante itrion e l’ho avuto per pranzo, e ho bevuto un vaso di vino.

 

Aristofane negli Acarnesi 1092: torte, tortine di sesamo, itria.

 

 

L’ ‘enkris’, il romano globus o globulus, era una ciambella, fritta in olio o strutto e immersa nel miele (Stesicoro 179 Davies; Catone DA 79; Petronio S 1.3; Ateneo D 645e; Esichio, Lexicon s.v. enkris)

 

 

‘Psothia’, ossia briciole o molliche di pane; Ferecrate nel ‘Piccolo Cambiamento’ (fr. 86): avrai un piccolo cambiamento e psothia nell’Ade.

 

 

Il ‘gastris’ era una specialità cretese fatta con noci, semi di papavero e semi di sesamo. Ateneo ce ne dà la ricetta: noci e nocciole, insieme alle mandorle e ai semi di papavero, al miele, al pepe e ai semi di sesamo bianco; sembra essere quasi lo stesso dolce descritto da Plauto, i ‘laterculi’- ma ricorda molto da vicino i deliziosi baklavà della cucina greca moderna (Ateneo D 647f; Plauto, Poenulus 325-6)

 

 

Un’altra specialità cretese è citata da Ateneo: “Glykinai: torte di Creta fatte con dolce vino e olio d’oliva, così dice Seleuco nel suo glossario.”

 

 

Il ‘melipekton’ e la ‘melitoutta’, miele cagliato e dal sapore di miele, sono torte di cui non si sa altro che i loro nomi (Erodoto 8.41 ‘melitoessa'; Aristofane, Nuvole 507, Lisistrata 601)

 

 

L’ ‘oinoutta’, a base di vino e formaggio, forse assomiglia al ‘mustaceus’ (Aristofane, Plouto 1121 con scholia; Plinio NH 15.127; Ateneo D 647d)

 

 

‘Pyramis’ e ‘Pyramous’ avevano evidentemente forma piramidale, come alcune delle torte dipinte sui vasi. In un vaso, in cui è rappresentata una scena d’iniziazione (probabilmente Eleusina), un fanciullo porta una grande kiste in cui si vedono chiaramente delle focacce tonde e delle torte piramidali; in un’altra scena è una donna a reggere una corona e un canestro colmo di queste torte. Callimaco suggerisce che il ‘pyramous’ fosse dato come premio a coloro che fossero rimasti svegli durante le cerimonie notturne (pannychis). Invece Ateneo connette tale premio con il ‘kharisios’ (Ateneo D 646b, 647c). Plutarco (Sympos.lib. IX quaest. 15) riferisce che veniva data in premio ai giovani vincitori negli agoni ginnici o nella danza pirrica.

 

(Suda s.v. ‘pyramous'; Photios s.v. pyrameidés; Schol. Aristofane Tesmoforie 94, Cavalieri 277; Clem. Protr. 2.19)

 

 

‘Sesame’ o ‘sesamis’ era una torta rotonda, fatta con una mistura di semi di sesamo, olio d’oliva e miele, servito durante le nozze in Atene. Antifane nel Deucalione: “sesamides o torte di miele o qualcosa di simile”. (Stesicoro 179 Davies; Ateneo D 646f; Aristofane, Pace 869) Si tratta di una delle torte contenute nella cista mystica dei riti di Gaia e Dionysos, secondo clemente di Alessandria (Clem. Protr 2.19). Un calendario spartano, dedicato agli Dei Ctoni, prescrive l’offerta di questa torta a Demetra e Despoina.

 

 

‘Tagenites, taganies, tagenias’ era una sorta di frittella o ‘pancake’, fatta semplicemente di farina e acqua, come si può evincere dalla descrizione di Galeno. (Galeno AF 6. 490-1; Ateneo D 110b, 646b, 646e); anche Hipponax lo conferma in un verso: “mentre mangi il francolino e i conigli, insaporisci l’impasto dei teganitas fritti con semi di sesamo” (PLG 4.2.474)

 

 

“Amorbites”: tutto quello che sappiamo di questo dolce (Athen. 14.646f) è che si tratta di una specialità siciliana; a partire dalla radice etimologica, possiamo inferire che abbia a che fare con pastori e campagna, e alcuni studiosi hanno ipotizzato che contenesse miele e formaggio (ricotta).

 

“Empeptas”: dalla descrizione che troviamo in Ateneo (14.645) si evince che si tratta di una torta fatta con diversi formaggi, simile grosso modo ai ‘vol au vent’ francesi.

 

“Diakonion”: “quando gli Ateniesi celebrano il cosiddetto Eiresione in onore di Apollo, suonando la lira e i cimbali e portando alcuni dei rami e altri delle torte rotonde chiamate diakonion…anche Ameria dice che le diakonia sono le torte preparate alla cerimonia dell’Eiresione per Apollo…alcuni dicono che è una torta di farina d’orzo.” (Suda s.v.)


RICETTE ANTICHE QUI (english)