Plakous, pelanos... e altre 'torte' della Tradizione Ellenica

 


Plakous, pelanos... e altre 'torte' della Tradizione Ellenica


"Molti membri del gruppo fornirono liste di nomi di torte ed io ne condividerò il maggior numero possibile che posso ricordare con voi..."

Sulle 'torte' vi sono numerosi accenni, tanto nei testi quanto sulle pitture vascolari, monete etc.. I termini greci più generali sono plakous, pelanos, popanon e pemma, in latino libum (Catone ci dà la ricetta: "Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio. Quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene...".) . In un rilievo a Taranto, si vede una bellissima immagine di Demetra, che porta una fiaccola e un cesto con delle torte che sembrano avere un omphalos nel centro; diverse scene rappresentate sui vasi mostrano gli Dei a banchetto e spesso sulla tavola vi sono torte come il plakous o la pyramis (Dionysos, Herakles...> Richter 1936, pls. 152, 153; Arias, Hirmer, and Shefton 1962, pl. 32). Su un rilievo votivo (Louvre 756) si vede bene un canestro colmo di torte sacrificali a forma di ciambella, alcune delle quali sono appena state poste sull'altare; su molti vasi si vedono canestri pieni di altri tipi di torte (rotonde, piramidali etc), e spesso si trovano le stesse raffigurazioni sui rilievi del 'banchetto dell'Eroe'. Molto rari ma pure presenti ed identificati a Locri, in una scena raffigurata sui pinakes, sono i dolci a forma antropomorfa, con tutta probabilità legati al culto di Persefone.

'Pemma' indica una piccola tortina, ma dobbiamo tener presente che a volte l'elemento cereale può non esserci del tutto, sostituito da altri ingredienti come le noci e la frutta secca. 'Pemma' è la parola che designa, in genere, le torte offerte a Demetra, Zeus e Atena (Erodoto 1.160; Pausania 1.38.6; Antifonte 174.2; Ateneo 12e, 172c-e, 642a, 645e, 648a; LSS 109, linea 4; LSCG 152, linea 6; LSAM 9, linea 21; LSAM 57, linea 3; LSAM 145.)
Galeno però dedica il primo libro del suo 'De Alimentorum facultatibus' al ruolo dei cereali nell'alimentazione umana. Il medico ippocratico prende avvio dalla considerazione delle virtù del pane, l'alimento per eccellenza ricavato dal frutto demetriaco: subito dopo, la sua trattazione si sofferma proprio sul tema dei pemmata. La pagina medica, qui tanto simile ad un ricettario, non tace i dettagli della loro preparazione e cottura: si pone a friggere l'impasto di acqua e farina nell'olio scaldato in un tegame a fiamma viva, rivoltando più volte la focaccia/frittella, fino ad aver ottenuto una frittura uniforme; quelle frittelle, cui egli riconosce una terapeutica virtù astringente, saranno poi tipicamente cosparse di miele a caldo, "anche se alcuni preferiscono invece guarnirle di sale marino". Galeno riconosce nei pemmata quella categoria popolare di focacce consumate in svariate occasioni, durante le feste della polis e nei banchetti privati. Di pemmata si parla anche nelle offerte ai defunti, gettate nelle fosse accanto alle sepolture (bothroi): si tratta dei pemmata a forma di uomo, descritte in Heliod. Aeth. 6.14.3-6.

Il 'plakous' è spesso tradotto come torta al formaggio; si trova citato in molti testi, in contesti sia religiosi che profani. Galeno rimarca che esistono molti tipi di plakous nelle campagne, fatti con ingredienti improvvisati. Gli ingredienti base erano appunto formaggio, miele e farina, secondo la descrizione di Antifane (frammento 55). Si diceva che quelli di Atene fossero particolarmente buoni, a causa dell'ottima qualità del miele attico. (Ateneo D 449c). Ancora caldi, questi vanno cosparse di miele fuso, che andrà così ad amalgamarsi rilasciando gradatamente il suo sapore, fino a diventare quasi inseparabile dall'impasto e dal ripieno di formaggio pecorino fresco (il ripieno tipico dei plakountes). Pare fossero irresistibili, almeno a giudicare dalle parole di Ateneo: "quando vidi il dorato, dolce, grande, rotondo, soffice figlio di Demetra giungere, un caldo plakous..."
Il 'plakous' era spesso offerto in sacrificio, come rivela benissimo un calendario religioso di Mileto, del V secolo. Era anche uno dei cibi contenuti nel liknon e portati in processione dal liknophoros (Anecd. Graec. I, p. 277). Un poema del III ac descrive il dono di un fanciullo ad Apollo, dopo il primo taglio delle ciocche di capelli: un gallo e un ricco 'plakous' ripieno di formaggio (Anth. Pal 6.55). Una variante è il 'plakous triablomos', una torta divisa in tre parti da solchi che partono dal 'nodo centrale' (se ne hanno esempi dai ritrovamenti nell'Agorà di Atene)

Una specie di 'plakous' sono i 'kribanai' che Ateneo, citando Sosibio (fonte spartana) descrive come aventi forma di seni: "gli Spartani li usano durante le feste delle donne, e coloro che partecipano al coro li portano in processione quando stanno per cantare l'encomio per la sposa."

Il 'popanon' è la forma più comune di torta da offrire sugli altari; di fianco a quattro popana può esservi anche una quinta torta, il 'pemptos bous' quinto bue. Si tratta di una torta rotonda e abbastanza grossa ma leggera, con un 'nodo/protuberanza' centrale (Photios s.v.popana). Tale tipo di torta può essere identificata con il 'popanon monomphalon' che si offre a Artemis, Leto, Herakles, Kourotrophos e Hermes (da un'iscrizione del IV ac, dal Pireo, relativa al culto di Artemis e Latona e un'altra del III-II ac di un calendario ateniese; un calendario di Samo che parla di Hermes e della Kourotrophos).
Nei sacrifici preliminari è spesso associata alle Due Dee (Aristofane, Pluto 660; Tesmoforie 285; iscrizione IV sec. sul culto di Asclepio: a Maleatis tre popana, tre anche per Apollo ed Hermes). Un popanon è da offrire a Zeus Georgos, ai Venti, e a Herakles (da un calendario del I dc da Atene).
Il 'popanon kathemenon', appiattito, è offerto a Poseidone, Kronos, Apollo e Artemide (calendario ateniese, I dc).
I 'popana polyomphala' hanno più 'nodi', il numero è generalmente cinque: quattro sui lati ed uno al centro, con una croce che li connette. Nei famosi likna ritrovati nel santuario di Demetra e Kore sull'Acrocorinto, se ne ne vedono di diverse specie: con quattro, cinque, sette oppure otto nodi. Una forma con dodici nodi era detta 'popana dodekonphala' ed era offerta alle Due Dee, a Herakles, Apollo, Artemis, Zeus Georgos, Poseidone, i Venti, Kronos (calendario ateniese, I dc)
Anche il 'pelanos' era una torta da dedicare come offerta. Era un 'pelanos' la torta fatta con la farina ottenuta dal grano della piana di Raro, che si offriva alle Dee durante i Grandi Misteri (Aristofane, Pluto 676-81; Euripide frammento 912 Nauck; Polybius 6. 25.7; Suda s.v. anastatoi, dove cita il frammento 350 Nauck di Euripide; Eustathius, commentario all'Iliade 4. 263

La 'pankarpia' era l'offerta di tutte le specie di frutti in forma di torta, che poteva assumere aspetti differenti. Euripide la descrive come un 'pelanos', da Teofrasto invece è descritta come una 'melitoutta'- in questo caso sappiamo che i raccoglitori di erbe ricordavano che tale offerta doveva essere dedicata alla Terra dopo aver raccolto particolari erbe sacre. (Sofocle frammento 398 Radt; Euripide frammento 912 Nauck; Theophrastus HP 9.8.7). L'aspetto più abituale era quello di una torta tonda, preparata spezzettando le 'itria' e facendole bollire nel miele. Se ne facevano quindi delle sfere e le si avvolgeva in fogli di papiro perchè mantenessero la forma, finchè non si fossero raffreddate. In un calendario dedicato ai culti privati, del I dc, sono offerte a Zeus Georgos e Zeus Ktesios (Ateneo 473c, 648b; LSCG 52, line 15.)

Fra le torte destinate ai sacrifici, è inoltre abbastanza rinomata quella chiamata 'amphiphon', specifica di Atene. Si trattava di un tortino al formaggio, su cui si accendevano delle candele; si offriva ad Artemis il giorno di luna piena del mese di Munichione. "Philemone nella 'Donna Mendicante' o nella 'Ragazza di Rodi': Artemis, amata signora: ti porto questo amphiphon, signora, torte da offrirti." "Diphilus anche si riferisce a questo nel suo 'Hekate'. Philocorus dice che un amphiphon era portato ai templi di Artemis o agli incroci delle strade, perchè in quel giorno la luna tramonta nello stesso momento in cui sorge il sole e il cielo è illuminato da entrambi." (Ateneo D 645a, citando Filocoro)

A Delo avevamo la 'basynias', una torta al miele guarnita da un fico (kokkora) e tre noci, e offerta a Iris sull'isola di Hekate (Ateneo D 645b, citando Semus)

L' 'arister' era una torta da bruciare nel fuoco, in onore di Helios, Mnemosyne e le Moire (Pollux 6.76; LSCG2 1.B19, linee 23-24; LSCG2 2, linea 2; LSCG2 6, linea 2)

Il 'kreion' era una specie di focaccina dolce a forma di pagnotta, e in Argo era donata dalla sposa al marito- è da sevire con il miele.

Ancora ad Atene, l' 'elafos', una torta in forma di cervo, fatta di farina di farro, miele e semi di sesamo- offerta alle Elaphebolia (Ateneo D 646c)

L' 'hebdomos bous' è una torta a forma di luna crescente, offerta in sacrificio insieme a sei 'phthoeis' (F. Sokolowski, lois sacrées des cités grecques)

In Sicilia, 'myllos' avente la forma delle zone intime femminili; offerto a Demetra e Persephone. "Eraclide di Siracusa nel suo 'I costumi di Siracusa' dice che alle Panteleia, che è una parte della festa delle Tesmoforie, dolci a forma di genitali femminili erano preparati con semi di sesamo e miele, che erano chiamati mylloi in tutta la Sicilia, e venivano portati in processione in onore delle Dee." (Ateneo D 647a)

Inoltre il 'phthois', una torta sacrificale tonda, forse chiamata 'Selene', composta di farina di grano, formaggio e miele- si consumava insieme alle carni degli animali sacrificati (Ateneo D 489d, 647d; Eustathius ne offre la ricetta..). Clemente di Alessandria afferma che si trattava di una delle torte presenti nella cista mystica. Erano di solito offerte durante i sacrifici, nelle iscrizioni sono associati con Hestia, Zeus, Apollo ed Asclepio (Clement, Protr. 2.19; iscizione del IV ac da Erythrai e una del I dc, riguardante un sacrificio a Zeus Atabyrios)

'Palathion', una torta oblunga e piatta, fatta di frutta o noci e pressata con il miele; Ateneo conferma che si trattava di un'offerta tipica presente nel kernos (Ateneo 500d; Teofrasto HP 4.2.10; Sudas.v. palathe)

'Ames' è spesso tradotto con torta di latte; ne esistevano anche di più piccoli, detti 'ametiskoi', dei pasticcini (Aristofane, Pluto 999; Philo, Sull'ubriachezza 217; Ateneo 644f)

L' 'enkhytos' è il romano encytum, di cui Catone ci fornisce la ricetta: mescolare formaggio e farina di farro in parti uguali. Prendere un imbuto largo e far colare parti uguali di impasto a forma di spirali nello strutto bollente. Girare le spirali nello strutto con due palette. Togliere, spalmare di miele e mettere a dorare nello strutto meno caldo. Servire con miele o mulsum (vino bianco con miele). Pare che nella preparazione di questa torta vi fossero palesi allusioni alla sfera sessuale, come attesta Ateneo, citando Hipponax.

Il 'gouros' è citato da Solone nei suoi Giambi: "Essi stanno bevendo e alcuni di loro stanno mangiando itria*, altri pane, e altri gouroi insieme a lenticchie. Non un singolo tipo di 'pasta' lì manca, di tutte quelle che la nera terra produce per gli esseri umani, ma ogni cosa è disponibile in abbondanza." Appare anche in un'elaborata descrizione poetica di Filosseno di Citera in stile ditirambico, nel 'Convito'.

* 'Itria': l' 'itrion' è una pasta leggera fatta di sesamo e miele, la descrive Anacreonte: ho spezzato un po' di croccante itrion e l'ho avuto per pranzo, e ho bevuto un vaso di vino.
Aristofane negli Acarnesi 1092: torte, tortine di sesamo, itria.

L' 'enkris', il romano globus o globulus, era una ciambella, fritta in olio o strutto e immersa nel miele (Stesicoro 179 Davies; Catone DA 79; Petronio S 1.3; Ateneo D 645e; Esichio, Lexicon s.v. enkris)

'Psothia', ossia briciole o molliche di pane; Ferecrate nel 'Piccolo Cambiamento' (fr. 86): avrai un piccolo cambiamento e psothia nell'Ade.

Il 'gastris' era una specialità cretese fatta con noci, semi di papavero e semi di sesamo. Ateneo ce ne dà la ricetta: noci e nocciole, insieme alle mandorle e ai semi di papavero, al miele, al pepe e ai semi di sesamo bianco; sembra essere quasi lo stesso dolce descritto da Plauto, i 'laterculi'- ma ricorda molto da vicino i deliziosi baklavà della cucina greca moderna (Ateneo D 647f; Plauto, Poenulus 325-6)

Un'altra specialità cretese è citata da Ateneo: "Glykinai: torte di Creta fatte con dolce vino e olio d'oliva, così dice Seleuco nel suo glossario."

Il 'melipekton' e la 'melitoutta', miele cagliato e dal sapore di miele, sono torte di cui non si sa altro che i loro nomi (Erodoto 8.41 'melitoessa'; Aristofane, Nuvole 507, Lisistrata 601)

L' 'oinoutta', a base di vino e formaggio, forse assomiglia al 'mustaceus' (Aristofane, Plouto 1121 con scholia; Plinio NH 15.127; Ateneo D 647d)

'Pyramis' e 'Pyramous' avevano evidentemente forma piramidale, come alcune delle torte dipinte sui vasi. In un vaso, in cui è rappresentata una scena d'iniziazione (probabilmente Eleusina), un fanciullo porta una grande kiste in cui si vedono chiaramente delle focacce tonde e delle torte piramidali; in un'altra scena è una donna a reggere una corona e un canestro colmo di queste torte. Callimaco suggerisce che il 'pyramous' fosse dato come premio a coloro che fossero rimasti svegli durante le cerimonie notturne (pannychis). Invece Ateneo connette tale premio con il 'kharisios' (Ateneo D 646b, 647c). Plutarco (Sympos.lib. IX quaest. 15) riferisce che veniva data in premio ai giovani vincitori negli agoni ginnici o nella danza pirrica.
(Suda s.v. 'pyramous'; Photios s.v. pyrameidés; Schol. Aristofane Tesmoforie 94, Cavalieri 277; Clem. Protr. 2.19)

'Sesame' o 'sesamis' era una torta rotonda, fatta con una mistura di semi di sesamo, olio d'oliva e miele, servito durante le nozze in Atene. Antifane nel Deucalione: "sesamides o torte di miele o qualcosa di simile". (Stesicoro 179 Davies; Ateneo D 646f; Aristofane, Pace 869) Si tratta di una delle torte contenute nella cista mystica dei riti di Gaia e Dionysos, secondo clemente di Alessandria (Clem. Protr 2.19). Un calendario spartano, dedicato agli Dei Ctoni, prescrive l'offerta di questa torta a Demetra e Despoina.

'Tagenites, taganies, tagenias' era una sorta di frittella o 'pancake', fatta semplicemente di farina e acqua, come si può evincere dalla descrizione di Galeno. (Galeno AF 6. 490-1; Ateneo D 110b, 646b, 646e)